Asfalantea

L’Associazione Asfalantea, ha sede in contrada Raìsina a Zungri (VV) ed è stata costituita per valorizzare e promuovere la cultura del territorio, intendendo riprendere le antiche tradizioni per evitare che con il passare degli anni scompaiano.

La consapevolezza di vivere in un territorio meraviglioso quanto controverso ha mosso il bisogno di sognare orizzonti nuovi, ma legati alla cultura e alla storia della comunità. Per questo, obiettivo dell’associazione è costruire un progetto di promozione e valorizzazione territoriale puntando sulla forza e sull’autenticità della cultura contadina, da riproporre, grazie ad esperienze immersive, nei valori e nei sapori di un tempo.

Una delle iniziative più apprezzate è La giornata del Pane, che prevede la possibilità di scoprire l’antica tradizione in compagnia delle Cumari di Asfalantea. Dall’impasto, alla cottura tutte le fasi vengono eseguite dai partecipanti sotto l’attenta guida delle massaie che illustreranno come rispettare ogni procedimento secondo le procedure originarie.

Con l’associazione, inoltre, è possibile immergersi nei sapori e nei profumi locali grazie alla possibilità di gustare prodotti tipici del territorio e di conoscere la fragranza della ginestra, fiore che popola la vallata Malopera, usata per realizzare essenze e profumi delicati e inebrianti.

Con Asfalantea il passato si fonde con il presente e le usanze di un tempo tornano a vivere in un contesto rurale suggestivo e immerso nella natura.

 

Boschetto Fiorito

L’Associazione Boschetto Fiorito si trova ad Antonimina (RC) e prende il nome dalla leggenda secondo cui il nome del paese deriverebbe dal Greco “Antos Nemos” che si traduce, appunto, in “Boschetto Fiorito”. L’associazione nasce con il desiderio e l’obiettivo di valorizzare e promuovere la riscoperta del borgo aspromontano, grazie a diverse attività svolte sul territorio come l’ospitalità diffusa e l’organizzazione di percorsi escursionistici, che partono dal centro storico e toccano tutti i punti di interesse naturalistico, storico e archeologico presenti nel Parco Nazionale d’Aspromonte.

Il Boschetto Fiorito è una realtà giovane e motivata ed è composta da ragazzi trentenni con alle spalle formazioni differenti e, per questo, in grado di garantire un preciso e personale contributo anche in qualità di Guide Escursionistiche professionali.
Gli itinerari offerti dall’associazione possono essere percorsi praticando trekking o in mountain bike e favoriscono l’interattività, la conoscenza del territorio e la scoperta delle bellezze naturalistiche dell’Aspromonte.

Castello Normanno Svevo

L’incantevole paesino di Morano Calabro, Bandiera Arancione e annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, ospita tra le sue bellezze l’antico Castello Normanno-Svevo. La costruzione, come suggerisce il nome, ci riporta all’epoca lontana di Federico Secondo e della sua corte, tempo di condottieri, roccaforti e battaglie che ancora sembrano vivere tra i resti di questa antica costruzione.

Il Castello, come molte fortezze edificate anche a scopo difensivo domina dall’alto il borgo di Morano Calabro e l’intera valle del fiume Cascile, entrambi inglobati nella riserva naturale del Parco del Pollino.

L’impianto originario subì nel tempo diverse modifiche che ce lo hanno consegnato come lo vediamo oggi.

Attualmente resta una costruzione che, sebbene ridotta quasi allo stato di rudere, conserva ancora intatta tutta la sua maestosa potenza.

In epoca romana l’altura dove sorge il Castello era già conosciuta e veniva adoperata come punto di osservazione.

La base del nucleo medievale, infatti, reca tracce di opus incertum, probabile resto di antiche fondamenta romane su cui sorse un edificio molto più grande e articolato. Proprio intorno al 1200, in epoca sveva, infatti, le milizie vi posero la propria sede feudale con a capo Apollonio Morano: furono necessarie, quindi, importanti modifiche strutturali. La torre romana venne ampliata, fu edificata una cinta muraria e fatte costruire diverse sale: la fortezza era diventata un piccolo castello.

Massicci lavori furono eseguiti durante il ‘500, sotto il feudatario Pietrantonio Sanseverino che scelse il castello come dimora estiva. Furono necessarie esperte maestranze e più di trent’anni (dal 1514 al 1545) per completare il progetto. Un progetto ambizioso che si ispirava al famoso modello del Maschio Angioino di Napoli, richiamandone forme e volumi e sottolineando ancor di più l’aspetto difensivo della struttura.

Dal 1648 è proprietà dei Principi Spinelli di Scalea, che lo manterranno fino al 1811, in condizioni sempre più critiche. Numerosi furti e spoliazioni furono eseguiti ai danni del castello, nel 1733 subì danni strutturali per motivi non ancora chiari e durante il decennio francese (precisamente nel 1806) venne gravemente bombardato.

Un recente restauro è stato promosso negli anni 2000, questo mostra a grandi linee come doveva essere il castello all’alba del ‘Settecento.

Purtroppo molto è andato perduto, ma una buona parte della struttura si è conservata e, visitandola, non è difficile immaginare tutta la sua originaria maestosità e avere un’idea di come doveva essere questo luogo secoli fa.

Tra le antiche mura, infatti, è ancora ben visibile il suo impianto, articolato su tre piani di altezza, con più appartamenti al proprio interno suddivisi in diverse stanze, il tutto circondato da rivellini e da un fossato con ponte levatoio.
Chi visita questo posto respirerà aria di storia e di antichi casati che si sono succeduti nel tempo e in più potrà godere di una vista spettacolare sul borgo e sulla vallata.

 

Civitatis

Visitare una città non vuol dire solo perdersi tra le stradine del centro storico, ammirare palazzi antichi e o passeggiare lungo le vie del centro brullicanti di colori e di vita: visitare una città è anche lasciarsi incuriosire da storie e leggende e farsi guidare tra i segreti storia. Ed è proprio questo l’obiettivo di Civitatis, un Tour Operator che offre pacchetti di differente tipologie, alla scoperta dei tanti volti che nasconde una città, da apprezzare e conoscere nella modalità che più si desidera.

 

Grotta del Romito

Gioiello del paleolitico e sito importantissimo per i suoi antichi ritrovamenti culturali ed artistici risalenti alla preistoria, la Grotta del Romito è uno dei luoghi simbolo della Calabria.

Amanti dell’arte, della storia e delle antiche civiltà non potranno non visitarlo per ammirare testimonianze uniche a livello sia Italiano che europeo.

Siamo a Papasidero (CS), presso la valle del fiume Lao, in una stretta cavità che più di 10.000 anni fa, fu scelta dall’uomo come ambiente di riparo e riti religiosi o simbolici.

Oggi opere di arte rupestre, ritrovamenti di strumenti da lavoro e sepolture di diverso tipo ci riportano indietro nel tempo, alla scoperta di un’era lontana, dove uomo e natura vivevano in un’atmosfera di continua fusione.

Una testimonianza unica

Il sito può essere suddiviso in due ambienti: uno più esterno e l’altro collocato all’interno dello stretto canyon della parete rocciosa. La sua particolarità è dovuta alla scoperta di reperti che hanno permesso la ricostruzione di importanti dettagli sulle abitudini che caratterizzavano la vita dell’Homo Sapiens. La scoperta è avvenuta nel 1961 e da allora continuano studi e opere di scavo che portano alla luce informazioni e testimonianze ricche di interesse e fascino.

L’incisione del Bos primigenius e le sepolture

L’importanza della Grotta di Papasidero è legata ad una particolare opera di arte rupestre su un grande masso collocato nelle vicinanze dell’ingresso e ancora oggi ben visibile: la bella incisione del Bos primigenius, ovvero un bovide primitivo con accanto un altro bovide più piccolo. Questo animale, insieme a tanti altri, doveva essere una preda cacciata dagli uomini del tempo, come hanno dimostrato i ritrovamenti delle ossa all’interno della Grotta. Molto probabilmente l’incisione si colloca all’interno di riti e cerimonie propiziatorie a favore delle attività di caccia.

Il disegno è eseguito con un tratto fermo e deciso e con molta accuratezza (le corna ben visibili, i dettagli della pelle), ciò lo rende esteticamente apprezzabile e immediatamente riconoscibile.

Negli ambienti interni, invece, sono state rinvenute due gruppi di sepolture, che probabilmente appartengono ad epoche diverse e sono da collocare tra i 12.000 e i 10.000 anni fa.

Il primo gruppo, più antico, contiene sepolture singole di persone dalla robusta costituzione. Il secondo gruppo, di epoca successiva, è composto da sepolture doppie (bisome), dedicate ad individui più gracili o con handicap fisici.

Oltre questi ritrovamenti, sono stati scoperti anche resti di arnesi e strumenti per l’estrazione litica o mineraria e manufatti ornamentali.

Grotta della Monaca

Chi è alla ricerca di percorsi avventurosi nel cuore roccioso della Terra, a contatto con le antiche testimonianze delle prime civiltà, dovrà fermarsi presso la Grotta della Monaca, a Sant’Agata di Esaro in provincia di Cosenza: un piccolo borgo incastonato tra i bellissimi monti del Pollino.
Questa, una cavità carsica a seicento metri d’altezza sulle pendici dell’Orsomarso, conserva alcune tra le tantissime testimonianze preistoriche presenti in Calabria.
Qui si estende un mondo sotterraneo in cui il tempo sembra essersi fermato millenni fa, in un’atmosfera sospesa ricca di richiami ancestrali.
La Grotta della Monaca è una delle maggiori cavità calabresi.
Ricchissima di minerali quali ferro, rame e malachite, scavi archeologici hanno dimostrato che fu frequentata dall’uomo per un tempo lunghissimo, che va dal paleolitico superiore fino all’epoca post- medievale. I primi ritrovamenti fortuiti ebbero luogo nel 1997, da quel momento in poi si proseguì con le ricerche, portando alla luce una delle cavità preistoriche più antiche d’Italia.

Gli ambienti della Grotta

La Grotta della Monaca si sviluppa in diversi ambienti sotterranei. Come spesso accade per grotte, gallerie e cavità naturali, anche qui gli ambienti hanno nomi evocativi che ne ricordano le caratteristiche morfologiche.
La visita, ricca di incanto e suggestione, si svolge alla sola luce dell’attrezzatura in dotazione, anche per evitare ogni forma di inquinamento luminoso e preservare la natura del luogo in tutto e per tutto.
Si può scegliere tra tre tipologie di percorsi, uno più semplice e altri due più impegnativi.

Percorso breve

Il percorso breve comprende unicamente la visita alla Pregrotta:
ovvero un ambiente segnato dalla presenza di macigni rocciosi di crollo, staccatisi dalle pareti circostanti; qui sono presenti tracce risalenti all’epoca post-medievale, che testimoniano l’opera di estrazione del ferro come si vede dalle diverse impronte e dai resti di utensili;

Percorso medio

il percorso medio prevede l’aggiunta di due ambienti
il Diaframma, un corridoio roccioso più stretto;
la Sala dei Pipistrelli ricca di stalagmiti, è così chiamata per la presenza di una colonia di chirotteri. Qui troviamo antichissime tracce di estrazione mineraria che ci riportano al neolitico (siamo tra il V e il IV millennio avanti Cristo!), quando l’uomo estraeva i minerali grazie all’uso di primitivi strumenti in pietra o in osso.
Percorso lungo

Il percorso lungo comprende anche la visita dei Tre Cunicoli Terminali, ovvero tre cunicoli molto stretti posti alla fine della Sala dei Pipistrelli.
Questi ambienti sono carichi di significato e valore storico e rappresentano un momento di massima meraviglia.
Da percorrere, in alcuni tratti, quasi a ridosso della roccia, sono consigliati ad un pubblico che ha dimestichezza con i percorsi escursionistici.
Vi troviamo sepolture di età protostorica di cui restano nicchie, piccole camere a inumazioni e resti di scheletri.
La porzione accessibile al pubblico termina con il “Salto”, ovvero un notevole dislivello che conduce ad una zona accessibile solo da speleologi esperti.
Ma perché la grotta della Monaca si chiama proprio così?
La risposta si trova proprio nella Sala dei Pipistrelli: qui è sita una concrezione di calcite dalle fantasiose sembianze del volto di una monaca.
Conosciuta fin dall Ottocente è stata visibilmente ritoccata dall’uomo per enfatizzarne i tratti nella zona degli occhi e del naso e renderla ancor più somigliante ad un viso umano.

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